ISTITUTO «DOMENICO CAENAZZO E FRANCESCA BRONZIN»
via Cigno, 113
45021. BADIA POLESINE
tel. e fax 0425 .51282
L’ente trae origine dal testamento olografo redatto il 5 novembre 1912 per mano del cav. Giusto Caenazzo, che nomina suo erede universale il vescovo di Adria, al quale fa obbligo di fondare l’istituto intitolato ai genitori Domenico Caenazzo e Francesca Bronzin. Scopo dell’istituzione doveva essere quello di «raccogliere tutti i bambini trovatelli abbandonati dai loro genitori, del comune, e di loro prestare vitto ed alloggio, un’istruzione religiosa completa e cattolica, e un avviamento a qualche arte o mestiere».
Giusto Caenazzo morì a Pegli, in provincia di Genova, il 20 maggio 1913. L’istituto di educazione ed assistenza venne fondato 3 anni dopo ed eretto in ente morale, attraverso decreto luogotenenziale datato 31 marzo 1916; con il medesimo atto fu approvato anche lo statuto organico dell’opera pia.
Gli amministratori, pur impediti dagli eventi bellici del primo conflitto mondiale a dar vita all’opera voluta dal Caenazzo, si prodigarono in opere di assistenza e beneficenza pubblica a favore non solo dei bambini bisognosi, ma anche delle famiglie dei chiamati alle armi e dei soldati stessi. Tra il 1915 e il 1918 l’istituto concorse al mantenimento dell’asilo infantile delle Ancelle della Carità di Badia «per l’assistenza e la refezione ai bambini delle famiglie bisognose dei richiamati»'”, inoltre gli amministratori provvidero al ricovero degli orfani del paese presso gli istituti San Gaetano di Milano e Salesiani di Bologna e istituirono, in accordo con il sindaco, un Segretariato distrettuale del soldato allo scopo di assistere le famiglie dei chiamati alle armi nelle relazioni coi loro congiunti. Quando nel 1918, ad opera di alcune signore della città, venne aperta la Casa del soldato, allo scopo di assistere moralmente e materialmente i soldati, l’amministrazione del Caenazzo-Bronzin vi contribuì finanziariamente con un assegno mensile, assumendo inoltre le spese del personale.
Nel 1919, al termine del conflitto, vennero acquistati da Maria Zilli il fondo Brolo e il palazzo di via Cigno che divenne sede dell’istituto.
La «Casa maschile di educazione», ovvero l’orfanotrofio, venne provvisoriamente aperta nell’aprile del 1919137 e posta sotto la direzione della Compagnia delle Figlie della Carità alle quali si assegnò anche il compito del servizio interno; la scuola elementare dell’istituto venne «affidata ad un insegnante munito dei titoli legali comprovanti la sua idoneità all’insegnamento “.
A partire dal 1 ° novembre 1920 iniziò a funzionare un asilo infantile che accoglieva e educava i bambini di età dai tre ai cinque anni; l’ammissione gratuita inizialmente era limitata ai soli bambini orfani, poveri o figli di invalidi di guerra, a partire dal!’ anno successivo vennero ammessi anche i bambini paganti una retta. Pochi anni dopo, nell’anno scolastico 1921-22, le scuole elementari furono aperte a tutti i bambini di Badia Polesine e l’insegnamento venne affidato a maestri diplomati e impartito secondo i programmi governativi. Sempre in quegli anni l’istituto sosteneva, con il pagamento quasi completo delle spese, un asilo nella frazione di Villafora, cui si era unita una scuola femminile.
Le volontà testamentarie di Giusto Caenazzo di avviare a una professione gli orfani ospiti della Casa di educazione vennero portate a compimento nel 1924 con la nascita dei laboratori-scuola (scuola fabbri, scuola falegnami, scuola sarti). Dopo la licenza elementare, a partire dal 1925, venne istituito un corso di cultura generale per i giovani apprendisti.
Allo scopo di «preparare delle buone figliole, delle buone spose e delle madri forti e savie» nacque, nel 1921, il laboratorio e doposcuola femminile indirizzato alle ragazze badiesi. Fin dal 1920 funzionavano il ricreatorio e il doposcuola maschili, i quali si prefiggevano principalmente di fornire assistenza religiosa e civile ai ragazzi del paese.
Alla morte della vedova Caenazzo, Angelina Tappari, avvenuta il 24 settembre 1933, il testatore aveva imposto che sul fondo Ca’ Raspi in Canda fosse istituita «una casa di ricovero per tutti i contadini uomini e donne dei luoghi ove io tengo possidenza» che portasse il nome della defunta. Contestualmente Giusto Caenazzo dispose di mettere in atto «altre opere che tornassero di vantaggio possibilmente alla gioventù povera dei comuni dove io tengo possidenza». Nella seduta del consiglio di amministrazione del 19 ottobre 1933 si decise, per motivi finanziari, di non dar corso all’impianto di una casa di riposo. Venne invece istituita una «Sezione autonoma Angelina Tappari» con lo scopo di sostenere i vecchi contadini invalidi e gli orfani dei contadini residenti nei comuni in cui il fondatore aveva proprietà terriere, in proporzione alla quantità dei beni che egli possedeva in quei luoghi. I primi furono ricoverati nelle case di riposo di Trecenta e Badia
Polesine, mentre gli orfani vennero ospitati dall’Istituto Caenazzo. L’unica fonte di reddito per il funzionamento della sezione era il canone annuo di affitto del fondo in sua dotazione.
Nel 1939, grazie al miglioramento delle condizioni finanziarie dell’ente e per far fronte alle necessità della città, si rese possibile l’estensione dell’assistenza anche alle orfane, come previsto dall’art. 3 dello statuto del 1916: «l’istituto sarà diviso in due sezioni, una maschile e una femminile, con direzione distinta». Il regolamento interno della Casa di educazione, approvato con il medesimo atto, prevedeva che la sezione di nuova istituzione fosse affidata alle suore, per ciò che concerne l’indirizzo educativo e didattico, mentre al direttore spettasse la vigilanza disciplinare.
L’attività dell’istituto venne momentaneamente ridotta149 nel 1944 a causa del bombardamento aereo che colpì il brolo dell’istituto; inoltre, nel giugno dello stesso anno l’autorità tedesca requisì i locali destinati all’artigianato, all’asilo, al laboratorio femminile e le stanze dei due doposcuola, per collocarvi l’ospedale militare.
Nel dopoguerra riprese l’attività della Casa di educazione, vennero aperti l’asilo, inizialmente solo per i bambini paganti, e il laboratorio di sartoria. Sembra che gli altri laboratori fossero dati in gestione, ma a metà degli anni Cinquanta sono definitivamente chiusi. Sempre in quegli anni riprese un corso completo di istruzione elementare, con annesso doposcuola, affidato a maestri regolarmente abilitati, denominato «Scuola elementare interna privata», rivolto ai minori in età scolastica interni e agli alunni esterni.
Nel 1954 fu istituita, presso il reparto femminile, una sezione maternità da riservare all’ONMI per il ricovero a pagamento dei minori dai tre ai sei anni, figli illegittimi o orfani.
Nel 1956, per motivi di ordine disciplinare, si decise la soppressione del reparto femminile della Casa di educazione. Le minori, che per le norme dell’art. 2 dello statuto allora in vigore dovevano essere «raccolte, mantenute ed educate» come i maschi, vennero ricoverate all’orfanotrofio femminile «Bianchi-Fadin» della città, dietro pagamento di una retta che fu imputata alla «Sezione Angelina Tappari».
A partire dal 1958 presero piede le linee generali di un ammodernamento dell’istituto, sia educative sia strutturali. L’edificio presentava un’insufficienza di servizi e una disposizione non più rispondente agli scopi, inoltre l’istruzione stessa impartita agli assistiti, regolare per il corso elementare, risultava insufficiente dal lato professionale. Si pensò di attuare una divisione delle tre opere: orfanotrofio, scuola materna e ricreatorio maschile e di creare un Centro di addestramento professionale; a tale progetto doveva adeguarsi lo studio della sistemazione e dell’ampliamento dei locali.
Con deliberazione del consiglio di amministrazione del 9 giugno 1976, n. 40 fu approvata una «ristrutturazione educativo-ambientale» dell’istituto, ovvero, aderendo ad indirizzi pedagogici allora correnti, una nuova esperienza educativo-familiare dove i minori, suddivisi in gruppi famiglia omogenei di sei/sette ragazzi di ambo i sessi, potessero essere adeguatamente educati.
L’anno scolastico 1980-81, a causa del ritiro da parte della casa madre, delle tre suore educatrici Terziarie Francescane Elisabettine di Padova, vide la chiusura della scuola materna per l’impossibilità dell’istituto di far fronte all’assunzione di suore laiche.
La LR 15 dicembre 1982, n. 55 dettò le «norme per l’esercizio delle funzioni in materia di assistenza sociale». Gli art. 20 e 21 fissarono i requisiti necessari affinché gli enti potessero continuare la loro attività assistenziale. Con delibera 28 giugno 1983, n. 71 il consiglio di amministrazione decise di cessare l’attività di convitto per i minori considerata l’impossibilità, per ragioni di bilancio, di adeguarsi agli standards qualitativi, organizzativi ed operativi richiesti dalle disposizioni legislative; con il medesimo atto il presidente propose di «ricercare una nuova attività educativa-ricreativa-assistenziale che fosse conforme alle norme statutarie e nello stesso tempo meno onerosa da gestire e compatibile con le rendite patrimoniali dell’istituto».
La precisa volontà di Giusto Caenazzo richiedeva la fondazione di una istituzione che avesse come fine specifico l’educazione cattolica della gioventù e affidava al vescovo di Adria, presidente di diritto dell’opera, la facoltà di scegliere le modalità più opportune per realizzarla. Per questo, in conseguenza dei mutamenti del contesto socioculturale, nel 1986 l’istituto, in base ad un nuovo statuto, indicò le norme di attuazione in ottemperanza agli obblighi imposti dal fondatore.
L’art. 2 dello statuto del 1986 definiva gli scopi dell’istituzione: «la promozione di attività e servizi di carattere socio-educativo, culturale, ricreativo e sportivo che mirano alla formazione della gioventù secondo i principi della religione cattolica».
Con la LR 25 giugno 1993, n. 24 la Regione del Veneto ha disciplinato in via amministrativa la privatizzazione delle Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza operanti nel territorio regionale ; l’Istituto Caenazzo, con delibera 12 maggio 1994, n. 40, coglie questa possibilità manifestando la volontà di vedere accertata la personalità giuridica di diritto privato dell’ente in quanto esso si configura come istituzione di ispirazione religiosa ai sensi dell’art. 4, comma 4, lettere a e b della succitata legge.
Con decreto del Presidente della Regione Veneto 17 marzo 1995, n. 609 all’istituto viene riconosciuta la personalità giuridica di diritto privato e conseguentemente approvato il vigente statuto di 14 articoli con decreto del dirigente del Dipartimento per i servizi sociali 17 giugno 1997, n. 58. Tale statuto è conforme alle volontà del fondatore ed in linea con il precedente per gli scopi (art. 2). L’istituto ora è soggetto alla normativa degli enti non commerciali e disciplinato dal codice civile, art. 12 e seguenti.